Nuove terapie andrologiche

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Articoli di approfondimento

Categorie: Fertilità / Disfunzione Erettile / Terapie Ormonali / Prostata

Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
Buone notizie per i maschi dal Congresso della Associazione degli Urologi Americani che si è tenuto a maggio a New Orleans: oggi è possibile fare qualcosa per prevenire il tumore alla prostata, e per una volta non si richiedono diete ferree e sacrifici ipersalutisti. La dottoressa Jennifer Rider, epidemiologa di Boston, ha infatti presentato i risultati di uno studio secondo cui una regolare attività sessuale potrebbe prevenire l'insorgenza del tumore prostatico. La ricerca ha riguardato 32000 maschi seguiti dal 1994 ad oggi. Ai partecipanti erano state chieste all'inizio dello studio precise informazioni sulle abitudini sessuali, in particolare sulla frequenza dei rapporti che avevano avuto nell'anno precedente l'intervista e in altri due periodi della loro vita (nella decade tra i 20 e i 30 anni e in quella tra i 40 e i 50 anni); i soggetti sono stati seguiti nel tempo, ed è risultato che quelli che avevano una frequenza di rapporti più elevata si ammalavano di meno di tumore alla prostata. Nello specifico, coloro che avevano una media di più di 21 rapporti al mese in uno dei periodi presi in esame avevano un rischio di ammalarsi minore di circa il 20% rispetto a quelli che ne avevano solo da 4 a 7; inoltre, i soggetti che avevano mantenuto una media di rapporti superiore a 21 in tutti i periodi della vita considerati risultavano ancora più “protetti” nei confronti del tumore alla prostata, con un rischio di ammalarsi più basso di circa il 35% rispetto ai meno attivi sessualmente. Il carcinoma prostatico, la neoplasia più frequente negli uomini sopra i 65 anni di età, risulta meno legato rispetto ad altri tumori a fattori di rischio noti e modificabili. Di conseguenza, fare prevenzione vuol dire essenzialmente fare diagnosi precoce: una visita urologica periodica sopra i 60 anni potrebbe permettere di diagnosticare una malattia in fase iniziale quando siamo ancora in tempo per ottenere, avvalendoci anche delle più moderne metodiche come la chirurgia robotica, ottime probabilità di guarire dalla malattia conservando importanti funzioni quali la continenza urinaria e la potenza sessuale. Lo studio della dott.ssa Rider si pone quindi in un campo di grande importanza sociale e ancora alla ricerca di evidenze scientifiche. Precedenti studi avevano indicato un possibile ruolo preventivo degli antiossidanti vegetali presenti nella dieta mediterranea; potremmo quindi concludere che oggi il tumore della prostata si previene a tavola... e anche a letto!
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
I risultati di un importante studio europeo, pubblicato pochi giorni fa su Lancet (*) confermano che effettuare di routine il test del PSA porta a una significativa riduzione della mortalità per cancro della prostata. Tuttavia l’utilità dello screening è controverso soprattutto per i problemi legati alla sovra diagnosi, che è considerata un vero evento avverso all’effettuazione del test su tutta la popolazione. Che vuol dire? Vediamo di capirci qualcosa. ERSPC è uno studio multicentrico, randomizzato, con una banca dati centralizzata e predefinita, nel quale è stato valutato l’effetto del dosaggio dell'antigene prostatico specifico (PSA) in uomini tra i 55 e i 69 anni di età in otto paesi europei. Un gruppo di uomini di età compresa tra i 50 e i 74 anni, identificati dai registri della popolazione, sono stati assegnati, secondo una numerazione casuale generata da un computer, al gruppo di controllo che prevedeva il solo monitoraggio senza interventi diagnostici. L'obiettivo primario era valutare la mortalità per cancro alla prostata nel gruppo di studio, rispetto a quello di controllo. Gli uomini inseriti nello studio sono stati seguiti per 13 anni, durante i quali sono stati diagnosticati 7.408 casi di cancro alla prostata nel gruppo di intervento e 6.107 casi nel gruppo di controllo. La riduzione del rischio assoluto di morte per cancro alla prostata a 13 anni è stato 0 · 11 per 1000 anni-persona o 1 · 28 per 1000 uomini randomizzati, che equivale a una morte per cancro alla prostata scongiurato ogni 781 uomini che hanno effettuato lo screening. L’ERSPC conferma quindi una sostanziale riduzione della mortalità per cancro alla prostata attribuibile al test del PSA, con un sostanziale aumento dell'effetto assoluto a 13 anni rispetto a risultati dopo 9 e 11 anni. Nonostante questi risultati, un’ulteriore quantificazione dei danni e la loro riduzione sono ancora considerati un prerequisito per l'introduzione del PSA nello screening su larga scala. Gli stessi autori dello studio, nonostante questi risultati, rimangono prudenti circa i programmi di screening di popolazione, perché l'alto tasso di sovra diagnosi legate allo screening deve ancora essere affrontato. In conclusione ? Da un punto di vista delle raccomandazioni cliniche che le società scientifiche possono promulgare come linea di comportamento per gli specialisti, il tempo per lo screening di massa sulla popolazione non è ancora arrivato. Questo perché ulteriori ricerche dovranno valutare modi per ridurre l’eccesso di diagnosi, evitando costi rilevanti per il servizio sanitario per lo screening e per le procedure di biopsia inutili che questo screening comporterebbe, il tutto per aiutare infine solo pochi pazienti. Lo screening con il PSA è imperfetto perché, anche se salva la vita a molti uomini, causerà a molti altri l’individuazione di tumori che non li esporranno a un rischio di vita e costringeranno molti pazienti a sottoporsi a trattamenti non necessari. Un problema spesso trascurato con lo screening è che esso non impedisce tutti i decessi correlati alla malattia. Insomma non salva la vita a tutti coloro che lo eseguono. è questo trio di inconvenienti (sovra diagnosi, complicazioni del trattamento e progressione della malattia), che rendono incerto il ruolo del PSA nello screening del cancro della prostata. Lo stesso Richard Ablin, che scoprì il PSA nel 1970, ritiene che il suo uso nella routine sia un "disastro estremamente costoso per la salute pubblica." In realtà il PSA non è mai stato pensato per essere utilizzato per lo screening di routine, perché non in grado di rilevare il cancro alla prostata (come noto il PSA si può elevare anche per infezioni, uso di farmaci, ipertrofia benigna) e, soprattutto, il test non è in grado di differenziare un cancro alla prostata in rapida crescita e potenzialmente mortale da un cancro che cresce lentamente e che non ucciderà. Ciononostante rimane un test preventivo che non può essere ignorato, particolarmente nei casi di familiarità per cancro prostatico, e la sua utilità deve essere discussa tra medico e paziente, in ciascun singolo caso. Lancet. Pubblicato online il 7 agosto 2014
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
La terapia ormonale della infertilità maschile si basa sull'uso di due ormoni: l'FSH e l'HCG. Questi ormoni sono usati in una patologia che si chiama ipogonadismo ipogonadotropo, condizione nella quale l'organismo non è in grado di sintetizzare e immettere in circolo i 2 ormoni ipofisari FSH e LH che sono indispensabili per la produzione degli spermatozoi. Somministrare questi due ormoni in forma iniettabile ripristina una spermatogenesi efficace in pochi mesi. Sulla base di questi risultati da anni viene proposta la stessa terapia anche per trattare uomini con bassa produzione di spermatozoi, che possono avere livelli bassi o anche normali di FSH e LH (e testosterone). In sostanza in quelle forme di infertilità maschile senza una causa dimostrabile (si parla in questi casi di infertilità idiopatica) si possono somministrare questi ormoni con l’intento di iperstimolare i testicoli a produrre più spermatozoi. Questa terapia può essere proposta dallo specialista, che redigerà un piano terapeutico con il quale il paziente potrà ottenere il farmaco. Deve essere esplicitato il concetto che nonostante vi sia esperienza pluridecennale nell’uso dell’FSH e dell’HCG (che ha un effetto simile all’LH) nell’ipogonadismo ipogonadotropo, nelle forme cosiddette idiopatiche l’uso di questa terapia ormonale non compare nelle linee guida pubblicate, a causa di una evidenza scientifica ancora debole, sulla base degli studi ad oggi pubblicati. Tuttavia, oltre ad avere presupposti forti, questa terapia, negli studi pubblicati fino ad oggi, ha ottenuto risultati molto promettenti. Questi studi mostrano miglioramenti significativi in termini di ottenimento di gravidanza spontanea in coppi nelle quali i maschi erano stati curati con FSH rispetto ad analoga popolazione di maschi infertili che non avevano ricevuto la terapia. Addirittura, i miglioramenti, in termini di percentuale di coppie che hanno avuto il bambino desiderato, sono stati statisticamente significativi anche nei casi di gravidanza ottenuta con fecondazione assistita, in coppie nelle quali il maschio sia stato trattato con FSH. Perché porre una terapia impegnativa, in termini di costi e di durata , in una condizione quella della infertilità idiopatica nella quale non si è riusciti a porre una diagnosi precisa? Etichettare il maschio infertile come idiopatico e inviare la coppia a fare una procedura di fecondazione assistita equivale a privarlo di possibilità diagnostiche più approfondite e privarlo anche della possibilità di migliorare la sua condizione seminale. Lo stato si fa carico dei costi, se le indicazioni sono corrette e il maschio, anche nei casi nei quali si pensa di ricorrere alla fecondazione assistita, può, almeno in parte, farsi carico del peso della fecondazione assistita. Un 20–30% delle coppie infertili presenta infatti solo un fattore maschile. Il maschio in queste coppie è causa della fecondazione assistita che però grava interamente sulla donna, che in questi casi è sana e fertile ma deve farsi carico della procedura. Ad oggi nessuno studio, nel quale uomini infertili siano stati stimolati con livelli sovra fisiologici di gonadotropine, ha mai prodotto effetti collaterali. Le terapie sono ben tollerate e in genere i maschi infertili non hanno nessun tipo di riluttanza a sottoporsi alla terapia iniettiva. I cicli di terapia mediamente consistono di 3 iniezioni per settimana, che il paziente può praticarsi da solo, iniettandosi il prodotto sottocute nella pancia o in una coscia o in un braccio, per un periodo di 3 mesi. Naturalmente queste cure sono prescrivibili solo dallo specialista andrologo, che proporrà questa terapia sulla base di un protocollo diagnostico che abbia escluso cause specifiche di infertilità e redigerà un piano terapeutico attivando la nota AIFA 75 che consentirà di acquisire il farmaco nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Referenze - Dwyer AA, Raivio T, Pitteloud N. Gonadotrophin replacement for induction of fertility in hypogonadal men. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab. 2015;29(1):91-103. - Anderson RC, Newton CL, Anderson RA, Millar RP. Gonadotropins and Their Analogs: Current and Potential Clinical Applications. Endocr Rev. 2018;39(6):911-937. - Duca Y, Calogero AE, Cannarella R, Condorelli RA, La Vignera S. Current and emerging medical therapeutic agents for idiopathi c male infertility. Expert Opin Pharmacother. 2019;20(1):55-67. - Shiraishi K, Matsuyama H. Gonadotoropin actions on spermatogenesis and hormonal therapies for spermatogenic disorders [Review]. Endocr J. 2017;64(2):123-131. - Behre HM. Clinical Use of FSH in Male Infertility. Front Endocrinol (Lausanne). 2019;10:322. - Santi D, Poti F, Simoni M, Casarini L. Pharmacogenetics of G-protein-coupled receptors variants: FSH receptor and infertility treatment. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab. 2018;32(2):189-200. - Barbonetti A, Calogero AE, Balercia G, et al. The use of follicle stimulating hormone (FSH) for the treatment of the infertile man: position statement from the Italian Society of Andrology and Sexual Medicine (SIAMS). J Endocrinol Invest. 2018;41(9):1107-1122. - Simoni M, Casarini L. Mechanisms in endocrinology: Genetics of FSH action: a 2014-and-beyond view. Eur J Endocrinol. 2014;170(3):R91-107. - Rastrelli G, Corona G, Mannucci E, Maggi M. Factors affecting spermatogenesis upon gonadotropin-replacement therapy: a meta-analytic study. Andrology. 2014;2(6):794-808. - Santi D, Simoni M. Biosimilar recombinant follicle stimulating hormones in infertility treatment. Expert Opin Biol Ther. 2014;14(10):1399-1409. - Attia AM, Abou-Setta AM, Al-Inany HG. Gonadotrophins for idiopathic male factor subfertility. Cochrane Database Syst Rev. 2013(8):CD005071. - Garolla A, Ghezzi M, Cosci I, et al. FSH treatment in infertile males candidate to assisted reproduction improved sperm DNA fragmentation and pregnancy rate. Endocrine. 2017;56(2):416-425. - Valenti D, La Vignera S, Condorelli RA, et al. Follicle-stimulating hormone treatment in normogonadotropic infertile men. Nat Rev Urol. 2013;10(1):55-62. - Casamonti E, Vinci S, Serra E, et al. Short-term FSH treatment and sperm maturation: a prospective study in idiopathic infertile men. Andrology. 2017;5(3):414-422. - Paradisi R, Natali F, Fabbri R, Battaglia C, Seracchioli R, Venturoli S. Evidence for a stimulatory role of high doses of recombinant human folliclestimulating hormone in the treatment of male-factor infertility. Andrologia. 2014;46(9):1067-1072.
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
Un trattamento con testosterone protratto per almeno una anno, di uomini anziani con basso livello di questo ormone, migliora la funzione sessuale, l'umore, i sintomi depressivi, e le performance fisiche (capacità di camminare), ma non sembra migliorare la vitalità. Questo il risultato di tre studi coordinati che hanno seguito 790 uomini di età media di 65 anni, pubblicati nel numero di febbraio del New England Journal of Medicine (PJ Snyder, et al) Questo studio aveva lo scopo di stabilire un chiaro vantaggio di questo tipo di terapia prima di valutarne i rischi a lungo termine. Non sono stati qui affrontati i rischi potenziali di un trattamento a lungo termine, che comprendono la possibilità di infarto e ictus sollevato recentemente dalla US Food and Drug Administration. Recentemente la FDA ha ulteriormente chiarito che i prodotti a base di testosterone sono approvati solo per il trattamento di uomini con bassi livelli di testosterone in presenza di condizioni mediche specifiche e non semplicemente per la condizione di invecchiamento. L'autore dello studio ha affermato in un'intervista a Medscape, "Ora abbiamo la prima parte della risposta sui benefici. Quando avremo i risultati degli altri quattro studi in corso, avremo una buona idea dei vantaggi di questa terapia. Ma neanche allora avremo dati concreti sul potenziale rischio. uno studio per valutare il rischio richiederebbe molti più uomini seguiti per un periodo di tempo più lungo". Negli studi pubblicati è stata indagata la funzione sessuale, la funzione fisica, e la vitalità di 790 uomini di età oltre i 65 anni con concentrazione di testosterone inferiore a 275 ng/dl e sintomi che suggeriscono iperandrogenismo. Questi uomini sono stati trattati con testosterone gel o gel placebo, secondo un codice di randomizzazione, per 1 anno e sono stati seguiti per un ulteriore anno. Tutti gli uomini reclutati avevano un deficit in una o più delle funzioni indagate (funzione sessuale, funzione fisica, vitalità). Inoltre, circa due terzi erano obesi, il 72% soffriva di ipertensione, e il 15% aveva una storia di infarto del miocardio. Erano stati esclusi uomini con cancro alla prostata, uomini ad alto rischio cardiovascolare, e uomini con depressione grave. I risultati hanno mostrato come nel grupo degli uomini che hanno ricevuto il testosterone, la concentrazione media di questo ormone si sa mantenuta costantemente otre il range minimo di partenza. c'è stato un significativo aumento nelle misure del desiderio sessuale (P <.001) e della funzione erettile (P <.001). Nella prova della funzione fisica, c'è stata una significativa differenza tra i gruppi in quattro misure di funzione fisica, tra cui un aumento di distanza percorsa in 6 minuti di camminata. Gli uomini che hanno ricevuto il testosterone hanno riferito migliore stato d'animo e minore gravità dei sintomi depressivi rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo. Nella prova Vitalità, ci sono state differenze significative tra il gruppo di testosterone e il gruppo placebo nella Medical Outcomes Study. Lo studio non ha rilevato alcun evento avverso. Anche se più uomini assegnati al testosterone rispetto a quelli assegnati al placebo hanno mostrato un aumento di antigene prostatico specifico (PSA) di 1,0 ng / ml o più durante il periodo di trattamento, solo ad un uomo (nel gruppo testosterone) è stato diagnosticato un cancro alla prostata durante il periodo del trattamento. Inoltre, a due uomini nel gruppo testosterone e uno nel gruppo placebo è stata fatta la diagnosi di cancro durante l'anno successivo. Sette uomini in ogni gruppo hanno avuto eventi cardiovascolari maggiori (infarto miocardico, ictus, o morte per cause cardiovascolari) durante il periodo di trattamento. Due del gruppo testosterone e nove nel gruppo placebo hanno avuto eventi cardiovascolari maggiori nel corso dell'anno successivo. Nei due gruppi non c'erano differenze di fattori rischio rispetto agli eventi avversi cardiovascolari.  In conclusione questi studi confermano l'efficacia di una terapia con testosterone in uomini anziani con basso testosterone e sintomi ad esso correlati. La terapia avrà un'efficacia percepita dal paziente tanto maggiore quanto più basso sarà il livello di testosterone di partenza. Non esistono al momento motivi di preoccupazione relativi al rischio cardiovascolare. Tuttavia sarà necessario aspettare la pubblicazione di studi condotti più a lungo termine per avere dati più concreti. Fino a quel giorno rimane la necessità di seguire quanto stabilito dalle linee guida internazionali rispetto al monitoraggio corretto degli uomini in terapia, che dovranno effettuare controlli periodici che comprendano una visita e un esame del sangue con valutazione di emocromo e PSA, almeno una volta l'anno.
consumo cannabis e fertilità
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
IL CONSUMO DI CANNABIS RIDUCE LA FERTILITA' NEI GIOVANI MASCHI Una ricerca condotta nel Regno Unito ha stabilito che il consumo abituale di cannabis influisce sulle dimensioni e la forma degli spermatozoi nei giovani uomini. Questo studio, di portata mondiale, si è posto l’obiettivo di verificare come gli stili di vita influenzino l’indice di fertilità agendo sulla produzione degli spermatozoi e sulla qualità globale del liquido seminale. Un gruppo di ricerca delle Università di Sheffield e Manchester ha evidenziato come queste caratteristiche peggioravano nei periodi estivi anche se sembravano poi migliorare se i periodi di astinenza si protraevano oltre i sei giorni tra uno spinello e l'altro. Non c'è dubbio che i casi di infertilità nei giovani adulti sono in costante aumento e la colpa potrebbe essere anche del consumo diffuso della cannabis, troppo a lungo ritenuto una droga leggera. Gli studiosi hanno esaminato 2249 ragazzi reclutati in centri per la fertilità inglesi: hanno messo in relazione gli stili di vita con l’infertilità ed è emerso che a maggiore infertilità corrispondeva maggior uso di cannabis. Sembrano avere poca influenza, invece, fumo e alcol. Il dato riguardava in particolare coloro che avevano meno di trent’anni. Alti dosaggi di tetra idro cannabinolo (THC) il principio attivo della cannabis, contenuta in alte dosi nell'hashish e nella marijuana, riducono la secrezione del testosterone e di conseguenza la produzione, la motilità e la capacità vitale degli spermatozoi. La riduzione del testosterone e della produzione di spermatozoi riscontrati negli studi hanno probabilmente un'importanza minore negli adulti, ma possono essere di grande importanza nel maschio prepubere che consuma cannabis. I possibili effetti del consumo di cannabis sul testosterone e sulla spermatogenesi potrebbero essere più rilevanti per gli uomini con fertilità già ridotta per altri motivi, per esempio in presenza di un varicocele. In realtà è dimostrato come il fumo di cannabis nell'uomo riduca la concentrazione nel sangue dei tre ormoni LH, FSH e testosterone. In altri studi sono state osservate basse percentuali di spermatozoi mobili nei forti fumatori di cannabis, ma non nei consumatori di marijuana. Studi sui topi dimostrano come un trattamento acuto di THC produca un decremento significativo e consistente dipendente dalla dose e dal tempo della concentrazione di LH e di testosterone. Nelle scimmie rhesus maschie una dose acuta di THC entro un'ora produce una riduzione del 65% della concentrazione di testosterone nel plasma, che si protrae per circa 24 ore. Tutti questi studi sono talvolta contraddittori nei risultati e al momento non vi è alcuna evidenza certa che la cannabis influenzi negativamente la fertilità umana, oppure che provochi dei danni cromosomici o genetici. Tuttavia la forza del messaggio che proviene dagli esperimenti condotti su animali e sugli uomini, è che i cannabinoidi provocano alterazioni degli ormoni sessuali maschili e femminili e che il loro consumo soprattutto in età preadolescenziale o adolescenziale potrebbe diminuire la capacità riproduttiva nel maschio.
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
Secondo uno studio trasversale condotto su giovani danesi pubblicato online il 2 ottobre sul British Medical Journal, l'assunzione di alcool riduce la qualità dello sperma. Gli autori dello studio riportano come effetti negativi sul liquido seminale possano essere osservati anche per consumi inferiori a cinque drink a settimana, benché la tendenza sia più pronunciata tra gli uomini che bevono più di 25 unità a settimana. Lo studio è stato condotto da ricercatori della University of Southern Denmark, su 1.221 uomini danesi dai 18 ai 28 anni, visti all'esame per leva militare, che hanno compilato un questionario sul consumo di alcol e che sono stato disponibili a fornire un campione di liquido seminale. Il tasso di partecipazione è stato del 30%. L'assunzione media di alcol nel corso della settimana precedente è risultato di 11 unità, dove una unità è definita come 25g di etanolo (la quantità approssimativa di una birra o un bicchiere di vino). Il 64% dei partecipanti ha riferito binge drinking due o più volte nei 30 giorni precedenti, e il 45% ha detto che il consumo di alcolici era abitudinale. Per questi uomini è stata osservata una relazione dose-risposta inversa con la concentrazione di spermatozoi (P trend = .02), nonché con il conteggio totale di spermatozoi (P trend = .01) e la percentuale di spermatozoi morfologicamente normali (P trend = .01). Le tendenze erano più marcate per consumi superiori a 25 unità di alcol in una settimana. Questa associazione non è stata riscontrata nei bevitori non abitudinali. C'è da dire che i partecipanti che avevano consumato più di 30 unità nella settimana precedente avevano più probabilità di essere anche fumatori, maggiori consumatori di caffeina, e avevano maggiore propensione a segnalare infezioni sessualmente trasmesse. I ricercatori hanno concluso il loro studio affermando che "l'associazione negativa tra assunzione di alcol e la qualità dello sperma può essere attribuita ad un effetto negativo diretto dell'alcool sulla spermatogenesi ma può essere anche il risultato di differenze nello stile di vita, comportamenti a rischio e dieta incongrua riscontrati tra i forti consumatori di alcol, nonostante l'aggiustamento statistico per questi fattori ".
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
Una delle cause più importanti della riduzione della natalità nei paesi industrializzati, come noto, è la ricerca tardiva della gravidanza. La fertilità femminile inizia a decadere, gradualmente, a partire dalla terza decade di vita, per subire poi un crollo quasi verticale dopo i 40 anni. Nel maschio il problema età è stato a lungo sottovalutato avendo esempi di uomini che esperiscono la paternità perfino dopo gli 80 anni. Gli studi di questi ultimi 20 anni hanno però rilevato che anche nell’uomo c’è un decadimento importante, con il passare degli anni, soprattutto a causa di una minore capacità di identificare e distruggere gli spermatozoi danneggiati, processo chiamato apoptosi, che garantisce la migliore qualità seminale. Questo significa che nell'eiaculato di uomini che hanno più di 35 anni, ci può essere un numero maggiore di spermatozoi danneggiati, meno capaci di fecondare, e più capaci di provocare aborti spontanei o trasmettere difetti genetici. Da quale età si può essere considerati troppo vecchi per essere padre? Da anni, soprattutto nell’era della procreazione medicalmente assistita, il dibattito è aperto, ma ha riguardato quasi esclusivamente gli aspetti etici e sociali. Per il maschio insomma l’unico problema per diventare padre pareva essere quello di avere una partner sufficientemente giovane. Oggi sappiamo che con il tempo l'uomo, pur continuando a produrre spermatozoi, ne genera progressivamente meno e con più difetti, anche di tipo genetico, abbassando la capacità di concepimento di una coppia. È stato calcolato che se la donna ha meno di 25 anni, il tempo medio necessario per concepire è di 4 mesi circa se anche l’uomo ha meno di 25 anni, ma diventa di quasi 2 anni se l’uomo ha più di 40 anni. Altri studi hanno confermato che per gli uomini con più di 45 anni è necessario il quintuplo del tempo per concepire rispetto agli uomini con meno di 25 anni. Un altro effetto dell’età paterna avanzata si ha nell'aumento dei casi di aborto spontaneo, che diventano più probabili quando l’età del padre supera i 40 anni. E’ plausibile che l’aumento di rischio di aborto sia dovuto al fatto che spermatozoi di uomini più anziani abbiano maggiori mutazioni genetiche. Questo tema è stato oggetto di diversi studi di correlazione tra età paterna e presenza di malattie ereditarie nei figli. Le conclusioni di questi studi sono state che ai figli vengono trasmesse molte più mutazioni genetiche da parte dei padri che da parte delle madri, a causa della diversa genesi di ovociti e spermatozoi. Dato che le mutazioni aumentano con l’aumentare dell’età del padre, uomini più anziani trasmetteranno più facilmente patologie come la depressione, l’autismo e la schizofrenia e sindromi cromosomiche come quella di Down. Una ricerca pubblicata su Nature nel 2014 ha stimato che le probabilità di essere autistici per i figli di padri di 45 anni sono 1,5 volte più elevate dei figli di padri di 24 anni. La possibilità che questa trasmissione avvenga è comunque estremamente bassa e maggior parte delle mutazioni del DNA trasmesse ai figli sono innocue. In quali uomini il rischio è maggiore? Gli uomini che rischiano maggiormente di non concepire o di trasmettere difetti genetici, sono quelli esposti all’effetto di patologie come il varicocele o le malattie infiammatorie degli organi genitali o che si espongono a fattori di rischio quali il fumo di sigaretta o l’abuso di alcolici o di altre sostanze. Si tratta di malattie curabili e di fattori di rischio modificabili sui quali è utile soffermarsi. Gli studi che correlano infertilità e fumo di sigaretta sono numerosi e dimostrano in modo consistente un danno diretto sulla qualità dei parametri seminali dose dipendente. L’esposizione degli spermatozoi a componenti tossici, come la nicotina o la cotinina, ne danneggia il DNA, riduce le capacità antiossidanti del plasma seminale e incrementa i radicali liberi dell’ossigeno (ROS). Il danno esercitato dall’alcol riguarda l’asse ormonale ipotalamo-ipofisi-gonadi, con una relazione negativa dose-dipendente. Bere più di 40 grammi di etanolo al giorno può indurre danni anche severi alla spermatogenesi, mentre un’assunzione modica di alcool (1 bicchiere di vino al giorno) non risulta essere dannosa. Parlando poi dell’uso di sostanze stupefacenti, non solo gli oppioidi ma anche i cannabinoidi possono danneggiare la fertilità. La marijuana blocca il rilascio ipotalamico dell’ormone GNRH, con conseguente alterata produzione testicolare di testosterone e di spermatozoi. Più di un terzo dei consumatori abituali di marijuana ha ridotte concentrazioni di spermatozoi nel liquido seminale, con un effetto dose-dipendente che è reversibile ma può richiedere mesi e a volte anche anni per risolversi. E’ importante poi soffermarci sulla relazione alimentazione/obesità e riproduzione. La fertilità può diminuire tanto in uomini sovrappeso quanto in quelli francamente obesi. È quindi importante mantenere un indice di massa corporea (rapporto tra peso e altezza) normale, cioè tra 20 e 25 kg/m2. Alimenti ricchi in pesce, frutta, verdura, legumi e cereali integrali, sono stati associati a una migliore motilità degli spermatozoi se comparati con diete ricche in carne rossa, insaccati, pizza, bevande zuccherine e dolci. Benché i dati non siano univoci, diete equilibrate per contenuto di vitamina C, zinco, selenio, folati, carnitina e carotenoidi, glutatione e coenzima Q10 sono state associate a una riduzione dei ROS e a una migliore qualità seminale con aumento delle possibilità di gravidanza. Quali esami fare nella ricerca tardiva di paternità? Per studiare il decadimento della capacità riproduttiva età correlata, non ci sono esami specifici. Vale l’iter diagnostico raccomandato per ogni altro maschio infertile. La visita specialistica andrologica rimane il punto di partenza clinico e lo spermiogramma, eseguito secondo i criteri dell’OMS, quello laboratoristico. Il medico potrà richiedere ulteriori indagini, su sangue, su liquido seminale o con esami strumentali, in base alle problematiche eventualmente riscontrate. Negli ultimi anni è stato fatto largo uso, in laboratori specializzati, del test di frammentazione, un esame che si esegue su liquido seminale e che è in grado di studiare la qualità del DNA dello spermatozoo, che appare particolarmente danneggiato negli uomini esposti a fattori di stress ossidativo. L'età è un fattore di stress ossidativo indipendente e questo test potrebbe essere utile in uomini oltre i 35 anni, in particolare quando il fattore anagrafico è associato ad altri noti come causa di stress ossidativo, quali quelli elencati precedentemente. Come proteggersi dai rischi? Praticare sport regolarmente riduce il rischio di trasmettere danni genetici, perché favorisce un allungamento dei telomeri, una sorta di cappuccio protettivo dei cromosomi. Inoltre, limitare gli alcolici, dimenticare il fumo e mangiare bene. Privilegiando alimenti antiossidanti. Conclusioni : Anche se l’uomo conserva le sue potenzialità riproduttive per la maggior parte della sua vita, oggi sappiamo quali cambiamenti si verificano e quali potenziali conseguenze ci possano essere con l’aumentare dell’età. Anche se sulla base delle conoscenze attuali non è giustificato dissuadere gli uomini meno giovani dal tentativo di diventare padre, di tali potenziali conseguenze è dovere della comunità medica informare le coppie infertili.
onde d'urto
Autore: PAOLO TURCHI 15 luglio 2025
Le Onde d’Urto a bassa intensità (Low Intensity Shockwave Therapy o LIST) nella DE. Da qualche anno si è capito che le onde d’urto a bassa intensità possono essere usate efficacemente nei disturbi dell’erezione, grazie al loro effetto di rigenerazione del microcircolo penieno e delle fibre nervose che inducono e regolano il meccanismo dell’erezione. Curarsi con le onde d’urto, purché generate da un'apparecchiatura a ciò indicata e già verificata, migliora stabilmente la qualità dell’erezione per periodi che possono durare anche diversi anni. Tutto questo emerge da decine di studi internazionali come anche dalla mia già lunga e positiva esperienza, del tutto simile a quella di molti altri colleghi andrologi e urologi che in tutto il mondo utilizzano questo stesso metodo. Le onde d’urto funzionano ma non fanno tutto da sole. Due domande che ogni paziente cui propongo la cura con le onde d’urto mi pone sono: funziona? e ancora: quanto durerà l’effetto? L’efficacia del trattamento con le onde d’urto a bassa intensità è ormai da tempo dimostrata. Funziona in 7-8 pazienti su 10, secondo quasi tutti gli studi pubblicati fino ad oggi. Ma un dubbio che si pone chi affronta la cura è quello della durata degli effetti. Le ricerche fatte e la mia esperienza personale ci dicono che la cura è efficace nel breve termine in circa il 75% dei pazienti che trattiamo ma l’effetto non è a tempo indefinito. Mediamente, dopo 2-3 anni il beneficio tende a calare e il trattamento va ripetuto. Questo calo, anche secondo un recente studio pubblicato sul Journal of Urology (Kitrey ND et al. Low Intensity Shock Wave Treatment for Erectile Dysfunction—How Long Does the Effect Last? J Urol 2018), è tanto più ragionevole aspettarselo quanto più la DE di partenza era grave e i fattori che l’hanno causata ancora presenti. Pensiamo ad esempio al forte fumatore che non smette di fumare, o al diabetico scompensato che non modifica comportamento e dieta, o al sedentario vasculopatico che non si mette in movimento e non dimagrisce. Se le cause che hanno danneggiato la circolazione del pene continueranno a danneggiarlo, anche la nuova microcircolazione stimolata dal ciclo delle onde d’urto finirà per essere meno efficiente e la DE si manifesterà di nuovo. Ecco perché il trattamento viene accompagnato sempre da un adeguato couselling, che consenta al paziente di stare più in salute e di ottimizzare gli effetti della terapia.
Autore: PAOLO TURCHI 14 luglio 2025
Il tuo lavoro e le tue disfunzioni andrologiche A chi come me si occupa quotidianamente dei problemi riproduttivi e sessuali degli uomini, capita di notare alcune ricorrenze, ampiamente documentate nella letteratura scientifica, che consentono una certa categorizzazione dei disturbi andrologici per concomitanza di patologie (tipico caso il diabete, o l’ipertensione), per uso di farmaci (gli alfa-litici spesso provocano disturbi eiaculatori, i farmaci per la pressione possono provocare problemi di erezione, alcuni antibiotici riducono la fertilità, solo per fare 3 esempi), per provenienza culturale e sociale (la disfunzione erettile è più frequente nelle basse classi sociali e il rischio che si manifesti correla inversamente con il titolo di studio) e per categorie lavorative. Su queste categorie sono stati fatti decine di studi in questi ultimi venti anni ma è abbastanza sorprendente come ben pochi siano stati gli studi di correlazione tra il tipo di lavoro che un uomo svolge e i suoi effetti a breve e lungo termine sulla sua vita sessuale e riproduttiva. In questo contesto viene da chiedersi, ad esempio, se, uomini esposti a condizioni lavorative stressanti, possano avere maggiori problemi sessuali di uomini con lavori meno impegnativi. E’ ben noto come situazioni di stress acuto possano elevare l’attività adrenergica che a sua volta può causare una disfunzione erettile di origine psicologica. Meno noto è se condizioni di stress lavorativo continuativo, come ad esempio può verificarsi in chi è sottoposto ritmi di lavoro estenuanti o lavora in condizioni disagiate, possano determinare le stesse situazioni. Casi tipici sono quelli degli immigrati stranieri, che vivono soli in Italia, in situazioni spesso precarie, e che tornano raramente a casa. Situazione che riguarda soprattutto chi proviene da paesi come il Pakistan e alcuni paesi del nord e centro Africa, dove il rispetto dei precetti religiosi esclude non solo i rapporti con altre donne ma anche la masturbazione. Questi uomini, che rientrano a casa per il breve arco di tempo delle ferie, hanno spesso una mission procreativa che crea una aspettativa così carica di stress prestazionale, che sfocia in fallimenti. Tornano in Italia senza capire per quale motivo la moglie non sia gravida, e si rivolgono all’andrologo per avere un rimedio alle loro prestazioni sessuali deludenti. Capita di affrontare situazioni analoghe con i militari reduci da missioni all’estero. Un lungo periodo di permanenza fuori casa, in situazioni spesso rischiose e difficili, comportano un carico di stress che al rientro a casa si fa sentire sulle prestazioni sessuali. La disfunzione erettile (DE), nota precedentemente al 1993 come impotenza sessuale maschile, è definita da allora come la “incapacità di ottenere e/o mantenere un’erezione del pene sufficiente per un rapporto sessuale soddisfacente”. Anche se ancora oggi si continua a distinguerla in “organica”, “psicologica” o “mista”, in realtà quella che era una distinzione ancora molto netta fino agli inizi degli anni ‘80, anni nei quali iniziò ad essere sistematico un approccio diagnostico al problema, è oggi ritenuta meno importante da un punto di vista pratico, essendo quasi sempre le due componenti coesistenti. Se agli inizi del secolo scorso Sigmund Freud riferiva come oltre il 90% dei disturbi dell’erezione nel maschio fossero di origine psicologica secondo un'analisi dei dati provenienti da 6 studi clinici condotti negli ultimi 10 anni, nel 78% degli uomini con DE sono stati rilevati fattori organici con o senza fattori psicogeni. Nella maggioranza dei pazienti con DE, è comunque presente una combinazione dei due fattori. Questa distinzione mente/corpo, ormai obsoleta, non tiene conto delle conoscenze di neurobiologia dei disordini psicologici, inoltre ignora il significato fondamentale di psicosomatica. Le condizioni psicologiche si traducono in produzione di sostanze chimiche da parte del nostro cervello e queste sostanze, che sono in grado di inibire l’erezione, sono materia organica ed ecco che quindi una DE psicologica diventa organica. Ci sono poi situazioni ben chiarite su rischi specifici. E’ il caso ad esempio dei lavoratori esposti al contatto con sostanze chimiche come pesticidi, erbicidi, idrocarburi, pitture acriliche, solventi organici, materiali plastici, piombo e anche l’esposizione ai gas di scarico delle autovetture, nei quali è stata osservata una maggiore prevalenza di problemi di fertilità ma anche di DE. Anche se la maggior parte degli studi condotti sono osservazionali e non soddisfano gli standard della medicina basata sulle evidenze, la mancanza di studi prospettici non cancella questa associazione tra i problemi andrologici e l’esposizione alle sostanze. Un altro esempio riguarda gli uomini esposti al calore diretto, come coloro che lavorano a stretto contatto con i forni o nell'industria dell'acciaio, a più alto rischio di sviluppare sterilità ma anche disfunzioni sessuali, rispetto alla popolazione normale. Come gli autisti di taxi o camion la cui zona pelvica è esposta per molte ore al calore generato dal motore. La spermatogenesi è estremamente sensibile al calore (basta un episodio febbrile per arrestarla temporaneamente) come pure la sensibilità di trasmissione neuronale. Un terzo esempio di un potenziale fattore di rischio occupazionale per la DE è il settore delle costruzioni. Questo tipo di lavoro espone i suoi operai a sostanze chimiche biologicamente pericolose per inalazione o contatto con la pelle. Inoltre, i lavoratori coinvolti nella perforazione per lunghe ore durante il giorno possono essere esposti al trauma pelvico minore che può rivelarsi dannoso per i normali meccanismi di erettivi. Sembra intrigante pensare che i fattori di rischio legati alla DE non siano solo quelli noti, come alcune malattie (diabete, ipertensione, cardiopatie), o stili di vita (fumo, sedentarietà, obesità) ma si possa fare prevenzione anche intervenendo su condizioni lavorative che espongono a rischi significativi di effetti negativi sulla sfera genitale maschile attraverso l'esposizione chimica, fisica e meccanica. L’uso delle protezioni previste dalle leggi di tutela lavorativa, e il consiglio di inserire nei controlli routinari anche quelli andrologici (bastano una visita specialistica e uno spermiogramma per monitorare il rischio) ridurrebbe il rischio e corrisponderebbe a una linea emergente di pensiero che considera l’infertilità maschile e la disfunzione erettile problemi di salute pubblica associati a vari potenziali fattori di rischio. Riferimenti bibliografici - Lewis RW, et al. Epidemiology/risk factors of sexual dysfunction. J Sex Med 2004 - Feldman, I et al. Impotence and its medical and psychosocial correlates: results of the Massachusetts Male Aging Study. J Urol. 1994 - Aytaç IA et al. Socioeconomic factors and incidence of erectile dysfunction: findings of the longitudinal Massachussetts Male Aging Study. Soc Sci Med. 2000 - NIH Consensus Development Panel on Impotence. JAMA, 1993 - S Freud. Psicopatologia della vita amorosa. Newton Compton, Roma 1992 - BD Sachs. Contextual approaches to the physiology and classification of erectile function, erectile dysfunction, and sexual arousal. Neuro sci Biobehav Rev 2000; 24: 541 – 560 - B Sachs B. The false organic-psychogenic distinction and related problems in the classification of erectile dysfunction. Int J Impotence Research, 2003, 15: 72-78 - Burnett AL. Environmental erectile dysfunction: Can the environment really be hazardous to your erectile health? J Androl 2008 - Anis TH, et al. Chronic lead exposure may be associated with erectile dysfunction. J Sex Med 2007 - R Shamloul J Sex Med 200
Autore: PAOLO TURCHI 14 luglio 2025
GLI UOMINI CON MALATTIE CARDIACHE NON SANNO DI RISCHIARE LA DISFUNZIONE ERETTILE. E VICEVERSA Pochi uomini con malattie cardiache sanno che questa condizione è una delle principali cause di disfunzione erettile o capiscono tutte le cose che possono fare per rendere le difficoltà sessuali meno probabili. Uno studio polacco pubblicato recentemente (Int J Impot Res 2015) ha intervistato uomini affetti da cardiopatia ischemica, patologia strettamente collegata alla maggior parte dei casi di disfunzione erettile (DE) negli uomini over 60. Su 500 uomini studiati, circa 190 (38%), non ha individuato una qualsiasi delle sei cose che potevano fare per ridurre al minimo il rischio di DE - smettere di fumare, eliminare i chili in eccesso, controllare il diabete, il colesterolo, ridurre la pressione sanguigna e fare più esercizio. Solo 31 di loro (6%), era in grado di citare tutti e sei questi fattori di rischio modificabili per la DE. Invece di concentrarsi su questi rischi, molti uomini pensano che la DE sia principalmente causata da bassi livelli di testosterone, dall'uso della bicicletta o da tumori benigni della prostata. Gli autori dello studio affermano quanto si sa da tempo, ma non si riesca a far conoscere sufficientemente alla popolazione di uomini a rischio. Cioè che i pazienti semplicemente non capiscono che uno stile di vita sano, dedicare il tempo libero all'attività fisica e apportare alcune modifiche di dieta, come mangiare pesce, può influenzare positivamente la funzionalità del pene. Tutti gli uomini studiati, età media 62 anni, avevano sperimentato almeno un precedente attacco di cuore. La maggior parte di loro era sovrappeso, fumatore, aveva la pressione alta, il colesterolo alto e il diabete. Il 15% era obeso e pochi di tutti loro faceva sufficiente esercizio fisico. Quasi l'80% soffrivano di DE, e circa il 23% descriveva la condizione come grave o moderata. Anche se lo stile di vita sedentario è il fattore di rischio modificabile più conosciuto per la DE, nel sondaggio i pazienti sono stati meno consapevoli di questo rispetto alla popolazione generale. Il fattore di rischio più frequentemente citato è stato il fumo, correttamente identificato da 179 dei partecipanti. L'eccesso di peso è stato segnalato da 166 degli uomini. Avere la DE non ha reso gli uomini intervistati maggiormente in grado di identificare i fattori di rischio modificabili. Gli autori hanno valutato come questa mancanza di mancanza di educazione sanitaria sia un fattore cruciale per aumentare il rischio non solo di cardiopatia ischemica, ma anche di disfunzioni sessuali. Per superare questo atteggiamento negativo, da sempre noi specialisti andrologi auspichiamo una maggiore comunicazione tra gli uomini con problemi di erezione o con problemi cardiaci e i medici curanti. Spesso ci sono invece difficoltà a parlare di problemi sessuali e questo imbarazzo impedisce di rendere consapevoli i pazienti dei rischi cui si espongono con stili di vita negativi. Se i medici di medicina generale ma anche i cardiologi sono riluttanti a chiedere ai loro pazienti notizie della loro vita sessuale, anche i pazienti con DE dovrebbero osare chiedere ai loro medici su questo problema, dato che si tratta di un barometro affidabile della buona salute.
Autore: PAOLO TURCHI 14 luglio 2025
Da secoli l’idea che alcuni cibi abbiano un effetto afrodisiaco appassiona e intriga. In cima alla lista ostriche, cioccolato, avocado, pistacchi, banane e vino rosso. In medicina, dove le pratiche di comportamento da raccomandare devono essere rigorosamente basate su prove scientifiche, il dibattito è ancora aperto. Uno degli studi più recenti, pubblicato recentemente da Niket Sonpal, un professore di gastroenterologia di New York, evidenzia come, sebbene nessun cibo da solo possa essere capace di curare un problema di erezione, ci sono dei cibi chiave, da considerare in preparazione di un incontro amoroso. Si tratta di nove alimenti, dagli asparagi ai chili martini - che potrebbero aiutare ad avviare rapidamente una serata di successo. I cibi in questione sono dotati di punti di forza su aree tra loro diverse. Ci sono sostanze chimiche specifiche in questi alimenti, che vanno dallo zinco al rilascio di ossido nitrico, alla caffeina. Tutti questi hanno capacità di cambiare il flusso sanguigno, che inizierà a spostarsi verso l’area pelvica, in luoghi dove si accende l’erezione. Altri cibi, che sono considerati eccitanti a causa del loro aspetto, pensiamo alle banane o alle ostriche. In realtà le banane e l’ananas contengono bromelina e vitamina B, che possono elevare i livelli di testosterone e di energia, come mostrato in uno studio condotto su ciclisti. Mentre le ostriche sono ricche di aminoacidi che costruiscono le basi del percorso nel processo chimico di sintesi di molti dei nostri ormoni come la serotonina ma anche della prostaglandina, sostanza indispensabile per l’attivazione dell’erezione. I pistacchi sono nella lista perché contengono proteine e flavonoidi che possono aiutare a stimolare il flusso sanguigno, come mostrato in uno studio che correlava il consumo dei pistacchi con un effetto positivo sulla disfunzione erettile. Gli avocado, che secondo Sonpal hanno una seducente reputazione risalente agli antichi Aztechi di essere conosciuti come "frutto del testicolo", sono ricchi di vitamine B6, B9 e acido folico che forniscono energia e aiutano anche ad aumentare la produzione di testosterone. Il cioccolato compare in quasi tutti gli elenchi dei cibi afrodisiaci e lo studio in questione non fa eccezione. il cioccolato contiene infatti triptofano, un componente costitutivo di serotonina, metilxantine e feniletilamina, uno stimolante correlato all'anfetamina, che viene rilasciato nel cervello quando le persone si innamorano. Non a caso si pensa a San Valentino associandolo al cioccolato e viceversa. Il cioccolato è probabilmente l'elemento nell'elenco di Sonpal che ha il razionale scientifico più consistente per aumentare la libido. Va comunque precisato che, sebbene esistano alcune prove a sostegno dell'idea che alcuni ingredienti di questi alimenti siano associati alla funzione sessuale, non ci sono prove concrete di causa ed effetto. Inoltre, è improbabile che una persona che assuma a tavola cibi contenenti ingredienti noti per aumentare l'eccitazione, possa mangiarne una quantità abbastanza grande da avere un effetto. Si tratta dunque di suggestione? Di un evidente effetto placebo? In realtà la sessualità umana è molto complessa e ha molte componenti, tra cui lo stato della relazione, l'umore e il modo in cui una persona si sente fisicamente quel giorno. Va sottolineato che questi alimenti non avranno alcun effetto da soli. Così come utilizzare farmaci per l’erezione potrà, questo si, aumentare la capacità di avere una erezione soddisfacente ma non necessariamente farà sentire più eccitati. Cosa afferma la Food and Drug Administration (FDA) a questo proposito ? La FDA dice che “qualsiasi prodotto che riporti in etichetta un effetto di aumento del desiderio sessuale, o di miglioramento delle prestazioni sessuali, è considerato un prodotto farmacologico afrodisiaco”. Le sostanze alimentari considerate sono: anice, cantaridi, estrogeni, finocchio, ginseng, gotu kola, ginseng coreano, liquirizia, mandragora, metiltestosterone, minerali, nux vomica, Pega Palo, salsaparilla, stricnina, testosterone, vitamine, yohimbina, e yohimbina cloridrato, tutte presenti come ingredienti in tali prodotti farmaceutici. Mancano dati adeguati per stabilire sicurezza e efficacia di uno qualsiasi di questi ingredienti, o di qualsiasi altro ingrediente, per l'uso dell'OTC come afrodisiaco. Ciononostante se nei tuoi piani per San Valentino vuoi includere qualcosa di propedeutico per una bella serata, perché non considerare alcuni articoli chiave nel fare la spesa ? Creare un pasto sexy può essere suggestivo e non può far male, ma certamente se ci sono problemi e disfunzioni con cui fare i conti non possiamo consigliare di contare solo su questo per garantire una serata spensierata. Physician on Boosting Sex With Foods: Keep an Open Mind - Medscape - Feb 13, 2020.
Autore: PAOLO TURCHI 14 luglio 2025
LE EREZIONI SPONTANEE NOTTUNE NORMALI (SRE) E DOLOROSE (SRPE) Durante il sonno, fin dalla più giovane età, ogni uomo sano ha erezioni spontanee. Svegliarsi con il pene eretto, in assenza di stimoli onirici o esterni, diretti o indiretti, è un’esperienza universale. E’ la cosiddetta erezione spontanea notturna o SRE (sleep related erection), una erezione che compare tipicamente durante il sonno profondo, nelle cosiddette fasi di sonno REM (rapid eyes moviment). Durante queste fasi del sonno i neuroni del sistema simpatico, che tengono normalmente il pene in condizioni di detumescenza, vengono inattivati. Durante questa fase viene quindi a prevalere la via parasimpatica, che porta all’erezione. Durante queste erezioni si ha un aumento della frequenza cardiaca e avvengono movimenti involontari degli occhi. Si tratta quindi di un fenomeno fisiologico, che ha il senso di esercitare una vera e propria ginnastica muscolare e vascolare. Attraverso questa attività spontanea il meccanismo erettivo viene mantenuto in efficienza, grazie all’ossigenazione dell’endotelio dei corpi cavernosi e al mantenimento dell’elasticità del tessuto muscolare liscio cavernoso. Queste erezioni ci sono nell’arco di tutta la vita e sono considerate un indice di buona salute. Ci sono condizioni patologiche nelle quali, infatti, le erezioni tendono a ridursi di frequenza e di intensità o addirittura scompaiono. I disturbi circolatori, le malattie metaboliche e ormonali e la depressone sono le cause più frequenti. Le SRE avvengono in un numero di 3-5 per notte e il numero, la durata e la qualità delle erezioni dipendono anche dalla quantità e dalla qualità del sonno. Durano in media circa dieci minuti e non sono percepite, dal momento che avvengono in fasi di sonno profondo. In genere l’uomo se ne rende conto solo se ha un risveglio proprio durante queste fasi. Oppure se l’erezione è dolorosa, e provoca il risveglio. Una erezione spontanea rigida in un uomo con disfunzione erettile per lo più esclude una causa fisica. Per documentare la presenza e la qualità delle SRE esiste uno strumento che si chiama Rigiscan, che è in grado di registrare l’attività erettiva durante il sonno, documentando il numero di episodi, la rigidità e l’aumento di circonferenza di ciascun episodio. Questo esame di chiama NPT-Rigiscan test. IL RISVEGLIO CON DOLORE Gli uomini con erezioni dolorose legate al sonno, o sleep relate painful erection (SRPE) spesso sono svegliati dal dolore. Questo può durare a lungo, fino a un'ora. Le SRPE possono verificarsi più volte durante la notte e portare a privazione del sonno, affaticamento diurno, ansia e irritabilità. Spesso chi ne è affetto ne diventa ossessionato arrivando ad averne un netto peggioramento della qualità della vita. Gli uomini con SRPE di solito non hanno erezioni dolorose durante l’attività sessuale. In realtà, hanno spesso una normale funzione sessuale. Le SRPE sono condizioni rare e non esiste una letteratura scientifica molto ampia. Inoltre, gli studi pubblicati hanno avuto risultati contrastanti, rendendo le SRPE una patologia difficile da comprendere e da trattare. Cosa sono le erezioni notturne dolorose (SRPE)? L’American Academy of sleep Medicine definisce le sleep-related-painful-erections (SRPE) come “dolore penieno che si verifica durante erezioni, tipicamente durante episodi di donno REM”. Uomini con SRPE riferiscono frequenti risvegli legati a questo dolore penieno di entità importante. Le SRPE appartengono alle cosiddette parasomnie, che possono essere definite come fenomeni fisici indesiderati, eventi o esperienze (emozioni, percezioni, sogni) che posso avvenire durante il sono. Le opzioni di diagnostica e gestione per SRPE non sono chiaramente definite. Le SRPE possono avvenire in uomini di qualunque età anche se l’età media dei casi pubblicati è risultata essere di 52 anni. Non sembrano essere correlate con la presenza di patologie o associate ad altri problemi sessuali. Anche il rapporto con assunzione di cibo o alcool non sono significativi. Non sono mai stati identificati fattori di rischio specifici. Quali sono le cause delle SRPE ? Non sappiamo ancora con certezza quali siano le cause di SRPE. Probabilmente le cause sono più di una. Diversi studi hanno avanzato più ipotesi. Aumento dei livelli sierici di testosterone (T) (ipotesi non confermata in nessuno studio) Alterazione della funzione autonomica (ipotesi non confermata da nessuno studio) Compressione dell’area pre-ottica cerebrale (LPOA) (ipotesi posta in uno studio del 2012 ma non confermata da studi successivi) Sindrome da apnee ostruttive notturne (OSAS). Nonostante il razionale e nonostante uomini con SRPE trattati con CIPAP (respiratore notturno che favorisce una migliore ossigenazione) siano migliorati, questa ipotesi sembrerebbe confutata da uno studio recente (2016) La sindrome compartimentale. La maggior parte dei pazienti con SRPE descrive un dolore profondo al pene, che alcune volte si irradia a inguine, addome, scroto e/o area perineale. Durante l'ultima fase di un'erezione normale del pene, sorge una cosiddetta sindrome compartimentale, creata da contrazioni ripetitive dei musco ischiocavernosi e bulbospongiosi. La sindrome compartimentale è caratterizzata dalla presenza di alta pressione persistente all'interno di uno spazio costante, che impedisce la circolazione microvascolare all'interno del comparto cavernoso interessato16,17. Quando questa sindrome persiste, i corpi cavernosi si trovano in una condizione di ischemia localizzata che, a sua volta, può indurre il dolore della SRPE. Un tono aumentato dei muscoli del pavimento pelvico, inclusi i muscoli ischiocavernosi e bulbospongiosi, potrebbe contribuire allo sviluppo di una sindrome compartimentale del pene. L'ipertonia da sola potrebbe essere una spiegazione per il dolore sperimentato durante gli SRPE. Il fatto che le erezioni stimolate siano normali nei pazienti con SRPE, potrebbero essere coerenti con questa ipotesi. Cause psicosomatiche. Da tempo è stato ipotizzato che le SRPE fossero conseguenti a situazioni si ansia e di disagio, spesso coniugale, e che i disturbi del sonno ad esso conseguenti fossero causa di SRPE piuttosto che conseguenza. Ad oggi, è impossibile trarre conclusioni definitive in merito alla relazione tra sintomi di stress, umore o ansia e SRPE. Con quali esami è possibile fare una diagnosi? Da un punto di vista diagnostico i pazienti affetti da SRPE sono stati sottoposti a diverse indagini, ma i risultati dei test di laboratorio, dell’ecografia pelvica, del ecocolorDoppler del pene e le EMG eseguite negli studi pubblicati fino a oggi, non hanno mostrato anomalie quasi in nessun paziente con SRPE. Anche gli NPT-Rigiscan test mostravano ampia variabilità. In sostanza quindi non esiste un algoritmo diagnostico al quale attenersi e la diagnosi è quindi basata sul racconto del paziente. Esistono terapie efficaci? La necessità di fornire al paziente un trattamento in grado di alleviare la sintomatologia, ha fatto si che diversi farmaci siano stati utilizzati negli anni per contrastare questo disturbo. I farmaci utilizzati erano mirati su obiettivi diversi e sono stati così utilizzati, con risultati spesso discrepanti tra i vari studi o anche tra i vari pazienti nell’ambito di uno stesso studio, diversi tipi di farmaci. A seguire l’elenco di quelli studiati. Miorilassanti – La maggior parte dei pazienti descritti in letteratura sono stati trattati con il Baclofen, a una dose iniziale di 10 mg la sera (at bedtime) e incrementando la dose fino a un massimo di 40 mg. Circa il 30-40 % dei pazienti guarisce in 2-3 mesi mentre un altro 30% circa ha comunque benefici. Antidepressivi - Benché i farmaci antidepressivi abbiano diversi meccanismi di azione, hanno tutti un effetto di aumento della biodisponibilità della serotonina e della noradrenalina che, inibiscono le SRPE mediante soppressione del sonno REM. Clomipramina e clonazapina sono i più studiati. Ansiolitici - Anche i benzodiazepinici sopprimono il sonno REM ed hanno un effetto miorilassante e benché i risultati soprattutto con l’uso del clonazepam siano promettenti, l'uso prolungato può provocare tolleranza, dipendenza fisica e sintomi di astinenza alla sospensione. Un uso a lungo termine (superiore a 1 anno) è quindi da considerare con cautela. Antiandrogeni- Ciproterone acetato, Bicalutamide. Nei pazienti con SRPE non è stata dimostrata alcuna efficacia PDE5 inibitori – Benchè sildenafil e tadalafil siano usati con efficacia nel trattare la disfunzione erettile, è descritto un effetto paradosso quando questi farmaci sono usati a basso dosaggio, che può essere sfruttato per trattare le SRPE. L’unico studio pubblicato (solo 4 pazienti trattati) appare promettente. Conclusioni: La SRPE è una patologia rara e difficile da studiare. Probabilmente tra i meccanismi fisiopatologici ipotizzati l’ipertonia dei muscoli del pavimento pelvico è la più plausibile. Mancano test diagnostici raccomandati e specifici e anche la terapia non è standardizzabile. I farmaci più promettenti sono sicuramente il baclofen e, in misura minore, il clonazepam. Promettente anche la fisioterapia del pavimento pelvico, che può efficacemente contribuire ad alleviare i sintomi da SRPE. Riferimenti bibliogafici 1. Schmidt MH, Sakai K, Valatx JL, et al. The effects of spinal or mesencephalic transections on sleep-related erections and ex- copula penile reflexes in the rat. Sleep 1999; 22: 409-418. 2. Montorsi F, Oettel M. Testosterone and sleep-related erections: an overview. J Sex Med 2005; 2: 771-784. 3. Vreugdenhi S, Weidenaar AC, de Jong IJ, van Driel MF. Sleep-Related Painful Erections: A Meta-Analysis on the Pathophysiology and Risks and Benefits of Medical Treatments J Sex Med 2018; 15:5e19 4. American Academy of Sleep Medicine. International classification of sleep disorders. 3rd ed. Darien, IL: American Academy of Sleep Medicine; 2014. 5. Vreugdenhil S, Weidenaar ACW, DeJong IJ, et al. Sleep-related painful erections—a case-series of 24 patients regarding diagnostics and treatment options. Sex Med 2017; 5: 237-243 6. Ferré A,Vila J, Jurado MJ, etal. Sleep-related painful erections associated with obstructive sleep apnea syndrome. Arch Sex Behav 2012; 41:1059-1063 7. Wardi G, Gortz S, Snyder B. A case of delayed presentation of thigh compartment syndrome. J Emerg Med 2014; 46: 145- 148 8. Karsenty G, Werth E, Knapp PA, et al. Sleep-related painful erections. Nat Clin Pract Urol 2005; 2: 256-260. 9. van Driel MF, Beck JJ, Elzevier HW, et al. The treatment of sleep-related painful erections. J Sex Med 2008; 5: 909-918 10. De Freitas G, Soares D, Luis Rhoden E. A 35-year old man presenting sleep-related painful erections (Erpes): a case report and review of literature. Adv Sex Med 2014; 4:6-10
Autore: PAOLO TURCHI 14 luglio 2025
La Sessualità nella Terza Età
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GLI UOMINI CON CARDIOPATIA ISCHEMICA STABILE HANNO UNA MIGLIORE SOPRAVVIVENZA SE USANO I FARMACI PER L’EREZIONE (INIBITORI DELLA PDE5)

La prostata

  • IL DOSAGGIO DI ROUTINE DEL PSA SALVA LA VITA, MA NON E' RACCOMANDATO

    8 agosto 2014

    IL DOSAGGIO DI ROUTINE DEL PSA SALVA LA VITA. MA NON E' RACCOMANDATO.

    I risultati di un importante studio europeo, pubblicato pochi giorni fa su Lancet (*) confermano che effettuare di routine il test del PSA porta a una significativa riduzione della mortalità per cancro della prostata. Tuttavia l’utilità dello screening è controverso soprattutto per i problemi legati alla sovradiagnosi, che è considerata un vero evento avverso all’effettuazione del test su tutta la

    popolazione. Che vuol dire ?

    Vediamo di capirci qualcosa. ERSPC è uno studio multicentrico, randomizzato, con una banca dati centralizzata e predefinita, nel quale è stato valutato l’effetto del dosaggio dell'antigene prostatico

    specifico (PSA) in uomini tra i 55 e i 69 anni di età in otto paesi europei. Un gruppo di uomini di età compresa tra i 50 e i 74 anni, identificati dai registri della popolazione, sono stati assegnati, secondo una numerazione casuale generata da un computer, al gruppo di controllo che prevedeva il solo monitoraggio senza interventi diagnostici. L'obiettivo primario era valutare la mortalità per cancro alla prostata nel gruppo di studio, rispetto a quello di controllo.

    Gli uomini inseriti nello studio sono stati seguiti per 13 anni, durante i quali sono stati diagnosticati 7.408 casi di cancro alla prostata nel gruppo di intervento e 6.107 casi nel gruppo di controllo. La

    riduzione del rischio assoluto di morte per cancro alla prostata a 13 anni è stato 0 · 11 per 1000 anni-persona o 1 · 28 per 1000 uomini randomizzati, che equivale a una morte per cancro alla prostata scongiurato ogni 781 uomini che hanno effettuato lo screening.

    L’ERSPC conferma quindi una sostanziale riduzione della mortalità per cancro alla prostata attribuibile al test del PSA, con un sostanziale aumento dell'effetto assoluto a 13 anni rispetto a risultati dopo 9 e 11 anni. Nonostante questi risultati, un’ulteriore quantificazione dei danni e la loro riduzione sono ancora considerati un prerequisito per l'introduzione del PSA nello screening su larga scala.

    Gli stessi autori dello studio, nonostante questi risultati, rimangono prudenti circa i programmi di screening di popolazione, perché l'alto tasso di sovradiagnosi legate allo screening deve ancora

    essere affrontato.

    In conclusione ? Da un punto di vista delle raccomandazioni cliniche che le società scientifiche possono promulgare come linea di comportamento per gli specialisti, il tempo per lo screening di massa sulla popolazione non è ancora arrivato. Questo perché ulteriori ricerche dovranno valutare modi per ridurre l’eccesso di diagnosi, evitando costi rilevanti per il servizio sanitario per lo screening e per le procedure di biopsia inutili che questo screening comporterebbe, il tutto per

    aiutare infine solo pochi pazienti. Lo screening con il PSA è imperfetto perché, anche se salva la vita a molti uomini, causerà a molti altri l’individuazione di tumori che non li esporranno a un

    rischio di vita e costringeranno molti pazienti a sottoporsi a trattamenti non necessari. Un problema spesso trascurato con lo screening è che esso non impedisce tutti i decessi correlati alla malattia.

    Insomma non salva la vita a tutti coloro che lo eseguono.

    E 'questo trio di inconvenienti (sovradiagnosi, complicazioni del trattamento e progressione della

    malattia), che rendono incerto il ruolo del PSA nello screening del cancro della prostata.

    Lo stesso Richard Ablin, che scoprì il PSA nel 1970, ritiene che il suo uso nella routine sia un "disastro estremamente costoso per la salute pubblica." In realtà il PSA non è mai stato pensato per essere utilizzato per lo screening di routine, perché non in grado di rilevare il cancro alla prostata

    (come noto il PSA si può elevare anche per infezioni, uso di farmaci, ipertrofia benigna) e, soprattutto, il test non è in grado di differenziare un cancro alla prostata in rapida crescita e potenzialmente mortale da un cancro che cresce lentamente e che non ucciderà. Ciononostante rimane un test preventivo che non può essere ignorato, particolarmente nei casi di familiarità per

    cancro prostatico, e la sua utilità deve essere discussa tra medico e paziente, in ciascun singolo caso.

    Lancet. Pubblicato online il 7 agosto 2014

  • UNA BUONA NOTIZIA PER GLI UOMINI: FARE SESSO RIDUCE IL RISCHIO DI TUMORE PROSTATICO

    Buone notizie per i maschi dal Congresso della Associazione degli Urologi Americani che si è tenuto a maggio a New Orleans: oggi è possibile fare qualcosa per prevenire il tumore alla prostata, e per una

    volta non si richiedono diete ferree e sacrifici ipersalutisti. La dottoressa Jennifer Rider, epidemiologa

    di Boston, ha infatti presentato i risultati di uno studio secondo cui una regolare attività sessuale potrebbe prevenire l'insorgenza del tumore prostatico.

    La ricerca ha riguardato 32000 maschi seguiti dal 1994 ad oggi. Ai partecipanti erano state chieste all'inizio dello studio precise informazioni sulle abitudini sessuali, in particolare sulla frequenza dei

    rapporti che avevano avuto nell'anno precedente l'intervista e in altri due periodi della loro vita (nella decade tra i 20 e i 30 anni e in quella tra i 40 e i 50 anni); i soggetti sono stati seguiti nel tempo, ed è

    risultato che quelli che avevano una frequenza di rapporti più elevata si ammalavano di meno di tumore

    alla prostata. Nello specifico, coloro che avevano una media di più di 21 rapporti al mese in uno dei periodi presi in esame avevano un rischio di ammalarsi minore di circa il 20% rispetto a quelli che ne

    avevano solo da 4 a 7; inoltre, i soggetti che avevano mantenuto una media di rapporti superiore a 21 in

    tutti i periodi della vita considerati risultavano ancora più “protetti” nei confronti del tumore alla prostata, con un rischio di ammalarsi più basso di circa il 35% rispetto ai meno attivi sessualmente.

    Il carcinoma prostatico, la neoplasia più frequente negli uomini sopra i 65 anni di età, risulta meno legato rispetto ad altri tumori a fattori di rischio noti e modificabili. Di conseguenza, fare prevenzione vuol dire essenzialmente fare diagnosi precoce: una visita urologica periodica sopra i 60 anni potrebbe

    permettere di diagnosticare una malattia in fase iniziale quando siamo ancora in tempo per ottenere, avvalendoci anche delle più moderne metodiche come la chirurgia robotica, ottime probabilità di

    guarire dalla malattia conservando importanti funzioni quali la continenza urinaria e la potenza sessuale.

    Lo studio della dott.ssa Rider si pone quindi in un campo di grande importanza sociale e ancora alla ricerca di evidenze scientifiche. Precedenti studi avevano indicato un possibile ruolo preventivo degli antiossidanti vegetali presenti nella dieta mediterranea; potremmo quindi concludere che oggi il tumore della prostata si previene a tavola... e anche a letto!


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